lunedì 21 aprile 2008

Campionato mondiale del pesto 2008


Ci sono ancora persone vere, che credono in qualcosa e che si sforzano di valorizzare la loro città e un prodotto che la rappresenta con serietà e con "purezza", senza mischiare il tutto con il vendere per forza qualcosa, queste persone appartengono alla Associazione Palatifini di Genova e i loro nomi sono: Roberto Panizza e Natalia Olivi. E' grazie a loro e ad altri amici se è nato e si è sviluppato il Campionato Mondiale del Pesto.
Quest'anno il Campionato si è tenuto, sabato 19 aprile, nella bellissima cornice di Palazzo Ducale, dove i dogi della Repubblica marinara governavano i commerci del Mediterraneo, e ha visto la partecipazione di circa 100 concorrenti, alcuni dei quali provenivano da molto lontano: Usa, Libano, Giappone.
Il pesto genovese è composto da basilico genovese dop, pinoli, parmigiano reggiano stravecchio, fiore sardo, aglio di vessalico, sale marino grosso, olio extravergine di oliva riviera ligure dop; tutti gli ingredienti vengono pestati nel tipico mortaio di marmo.

Nella foto sopra al centro si riconosce il vulcanico e creativo Roberto Panizza, anima del Campionato, durante le fasi eliminatorie a Boccadasse (GE).
I concorrenti al campionato vengono giudicati in base ad alcuni parametri: manualità, aspetto (più chiaro è il pesto e meglio è), finezza macinatura, consistenza, equilibrio finale fra gli ingredienti (il parametro più importante, non solo nel mondo del pesto).
Quest'anno la vittoria e il premio del pestello d'oro, fra lo stupore di molti, sono andati ad un americano di origine coreana, James D. Bowien, cuoco in un ristorante di cucina genovese (Farina Restaurant) a San Francisco; al secondo e terzo posto due genovesi doc: Mauro Canepa e Alfonsina Trucco.

Il campionato è stato allietato dalle note dell'inno ufficiale eseguito dagli amici della band ligure dei Buio Pesto, un inno originale e simpaticissimo, diffuso, dalle televisioni presenti (fra cui BBC , Dutch Tv, Sky, Raisat) in tutto il mondo.
Durante i giorni passati a Genova ho imparato, grazie all'amica genovese Bluerosa che la morte migliore per il pesto genovese sono i gnocchi e la piccola lasagna, e grazie agli amici di Palafini, fra tutti, la carinissima Natalia, che Genova è una città di gran fascino, un piccolo gioiello d'arte affacciato al mare, che merita rispetto e attenzione.
Genova nel cuore, for ever and ever!

mercoledì 16 aprile 2008

India, per vedere l'elefante


Giorni fa è entrato in negozio, pervaso da un'aura di entusiasmo, l'amico Massimo Voghera, docente all'Accademia delle Belle Arti di Torino, di ritorno da una mostra di bellissimi acquarelli tratti da un libro-carnetdiviaggio, uscito per i tipi di Edt, valente casa editrice torinese vocata ai temi del viaggio e dell'esplorazione.
E , voilà, il libro "India per vedere l'elefante" di Stefano Faravelli è qui fra le mie mani, e posso confermare che è uno scrigno di tesori, un libro che non deve mancare nella vostra libreria e, in un certo senso, nel vostro cuore.
Stefano Faravelli è un valente pittore oltre che esperto di studi orientali e filosofia morale, e questa sua doppia vocazione di peintre-savant lo ha indirizzato verso il carnet di viaggio come modello espressivo delle sue peregrinazioni. Sono stati pubblicati, sempre da Edt, anche i bellissimi carnet di viaggio su Cina e Mali.


Il libro si apre con una famosa storia di Jalal-ud Din Rumi che riassume l'intento del libro e che apre una prospettiva diversa alla visione del viaggio della vita:
" Un elefante proveniente dall'India fu alloggiato in una stalla oscura.
La gente che non aveva mai visto un simile animale si precipitò ad ammirarlo.
Poichè non si vedeva nulla a causa del buio, le persone si misero a toccare l'animale.
Uno di essi toccò la proboscide e disse: "Questa bestia è fatta come un tubo!"; un altro ne palpò le orecchie: Lo si direbbe piuttosto simile ad un ventilatore"; un terzo, toccando le zampe disse: "Neanche per sogno! L'elefante è tal quale ad una colonna".
E così ciascuno di loro si mise a descriverlo a modo suo.
Fu un vero peccato che non avessero una lampada per mettersi d'accordo. "


Questo libro, dice Stefano Faravelli, racconta il mio viaggio per vedere l'elefante: proboscide islam, orecchio sikh, zampa indù...L'India diventa l'Arca in cui sono custodite, fino alla fine dei tempi, tutte o quasi le grandi rivelazioni dell'umanità.
Un gioiello di libro!